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10 l’argentina e gli italiani


L’emigrazione non è l’effetto naturale della legge della domanda e dell’offerta di lavoro, come asserisce la prefazione dell’opuscolo. Nei centri argentini vi è pletora di mano d’opera, specialmente a Buenos Aires che attraversa una crisi non indifferente, e la Guida infatti cerca in ogni pagina di persuadere l’emigrante ad internarsi nei campi, risolutamente, senza paura della distanza, e subito. Nella colonizzazione è la ricchezza del paese, il quale ne risente i vantaggi, mentre tutto il passivo di vite, di lavoro e di denaro grava sui pionieri dispersi nelle estancie delle Pampas. Si vuole un’emigrazione stabile: la Guida trova assai più vantaggiosa per gli emigranti «l’emigrazione con carattere definitivo» e consiglia loro di «mettere in ordine i loro affari come se non dovessero tornar più» prima di partire. Li pone in guardia contro il dolce mal della patria; «bisogna guardarsi da questi sentimentalismi che causano malessere e inquietudini e inducono a commettere leggerezze di cui più i tardi ci si pente»; la leggerezza, si capisce, è il ritorno. «Queste vacillazioni recano un danno enorme agli emigranti.» «Del resto hanno la loro poesia e le loro attrattive anche le pianure argentine con i loro orizzonti infiniti.» «Per fortuna gli italiani sono quelli che più facilmente si radicano nella Repubblica Argentina; i più, nondimeno, tardano a convincersi che devono considerare l’Argentina come loro residenza definitiva, come loro seconda patria.» Coloro che non hanno tali debolezze «ottengono un immenso vantaggio su quelli che solo pensano al ritorno».

È logico. La Guida vede l’emigrazione francamente e nettamente dal punto di vista argentino, soprattutto quando, parlando dei risparmi degli emigranti, consiglia «coloro che hanno qualche maggiore conoscenza di queste cose» a comperare titoli degli imprestiti interni della Nazione, perchè «i tracolli e le sospensioni di pagamento di altri tempi non si ripeteranno». Ma dal