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è nullo. Lo Stato torna padrone e sequestra la terra. I contratti dei coloni sono nulli; la terra è mal venduta; i loro bolletti provvisorî valgono un bel niente. Essi sono spodestati. La loro terra appartiene ad un altro concessionario, il quale li scaccia.

Qualche volta è successo — e non certo raramente — che il venditore accende un'ipoteca sui fondi venduti ai coloni, sapientemente profittando del fatto che i coloni hanno titolo di proprietà soltanto alla fine dei pagamenti. Ritira le quote annuali dai coloni e se ne va in pace. I poveri contadini si veggono ritolta la proprietà loro o debbono assoggettarsi a pagare l'ipoteca, ossia a ricominciare da capo.

Un argentino ricchissimo, che aveva mal comperato certi terreni in San Vicente, nella provincia di Santa Fè, pensò di rifarsi vendendoli a dei coloni italiani. Nell'affare figurò un agente, il quale cedette i lotti ai coloni a rate annuali e passò gl'incassi all'argentino ricchissimo — il fatto è ben noto in tutta la provincia. I veri proprietarî, dopo alcuni anni, fecero un processo ai coloni e ottennero di sloggiarli tutti quanti. Alcuni di quegli infelici preferirono pagare di nuovo, ma dovettero pagare il doppio, poichè il terreno, dopo sette anni del loro lavoro, aveva raddoppiato di prezzo. Essi così pagarono tre volte la terra. Cito questo caso, perchè l'argentino in questione ha occupato un'altissima posizione nel governo della provincia di Santa Fè ed è fra i più reputati uomini politici: lo chiamano l'honrado tirano — il tiranno onesto. Questo dimostra che fare di queste cose non è in fondo un gran male laggiù. È un po' di viveza.



È impossibile enumerare tutte le infamie di questo genere delle quali sono vittime i nostri coloni. Il male