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le nostre lettere dall'argentina | 53 |
che è tutta propaganda cilena in questa «campagna che aprirono contro la Repubblica quasi tutti i giornali europei.»
In queste ridicole accuse che insultano in blocco la migliore parte del giornalismo europeo, colpevole solo di aver raccolto un po' di verità — la quale ha pur sempre le gambe più lunghe della bugia — di quella verità che la Prensa non nasconde, vi è uno strano e mostruoso miscuglio di orgoglio cieco e di palese malafede.
All'estero non si deve parlare dell'Argentina se non per lodarla ed adularla ad ogni costo. È un vecchio costume, al quale il paese ha l'abitudine.
Soltanto i giornalisti argentini hanno il diritto di «osservare tutti i dettagli in relazione con la vita nazionale» — ha proclamato la Prensa in un articolo insolente che era indirettamente dedicato a me. E un altro giorno, lavando la testa al Temps, ha ripetuto: «Noi abbiamo il diritto di tollerare i nostri errori e di accogliere gli apprezzamenti della stampa nazionale, perchè sono i nostri proprî interessi che discutiamo con l'ampio diritto di cittadinanza, e con il merito di provati servizî ad una nobile causa; però, quando si tratta di giornali stranieri che debbono mantenersi estranei ai dettagli delle passioni delle altre nazioni, la missione del giornalismo argentino è altra...»
Ah! no!
Quando anche non fosse un diritto innegabile del giornalismo la serena critica di tutto quanto interessa l'umanità, se anche non fosse un suo sacrosanto dovere il desiderio del bene in qualsiasi luogo dove vivono uomini, e la persecuzione del male sotto tutte le latitudini e in ogni suo rifugio, anche se occorresse questo diritto di cittadinanza per interessarsi a ciò che voi chiamate i dettagli delle vostre passioni, ebbene noi potremmo parlare, perchè noi questo diritto di cittadinanza lo abbiamo!