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44 | Luigi di San Giusto |
le lodi largite all’amato, in versi che il mondo conosceva, dovessero incatenarlo non solo per vanità lusingata, ma anche perchè noblesse oblige, ed egli non avrebbe voluto parer minore dell’eroe che ella andava dipingendo.
Così pensa una donna. Ma ella non sapeva che nessuna cosa vince la sazietà dell’amore, e che quelle iperboliche adulazioni dovevano rendere il bel conte di Collalto sempre più orgoglioso di se stesso, e sicuro della sua forza di conquistatore di cuori femminei.
Questa irruenza di sentimenti impediva all’infelice Anassilla di occuparsi ponderatamente della forma con cui li rivestiva.
Purchè commovessero l’amato, purchè piacessero a lui, ella sarebbe stata paga.
Divorata dalla passione, non ebbe tempo ad altro. Visse in una continua febbre gli ultimi anni della sua vita, quelli cioè che avrebbero potuto darle la vera maturità dell’ingegno, la perfezione dello stile, il dominio della forma; e l’avrebbero fatta grande poetessa. E visse troppo poco.
Il Gaspary dice che se, come Veronica Gàmbara, fosse vissuta più a lungo, avrebbe certo fatto sparire una parte delle sue poesie.
Io non lo credo. Ella non pensò mai che il suo amore fosse un male, non se ne vergognò mai; e se si dice pentita dei suoi gravi errori, è a Dio che parla, non agli uomini.
Verso la religione poteva sentirsi colpevole,