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56 Luigi di San Giusto

e ditegli con tristi e mesti accenti
che s’ei non move a dar soccorso al core,
o tornando o scrivendo, fra poche ore
resteran gli occhi miei di luce spenti.

Le pare che il mare, il lido, la campagna possano intendere le sue querele, e il suono degli acerbi suoi lamenti:

Io dico che dal giorno
che fece dipartita
l’idolo, onde avean pace i miei sospiri,
tolti mi fur d’attorno
tutti i ben d’esta vita,
e restai preda eterna de’ martiri.

L’idea della morte le si affaccia sempre più frequente; anzi il pensiero che potrà ritrovare in essa la pace perduta le fa invocare il sempiterno sonno. Mai, mai ella non s’acqueta; il suo piangere e il suo gridare non giunge là dove l’oblioso amante s’indugia.

In certi momenti se non di calma almeno di stanchezza, ella si contenterebbe pur di poco.

Deh, foss’io certa almen che alcuna volta
voi rivolgeste a me l’alto pensiero,
Conte, a cui per mio danno i cieli diero
sì da’ lacci d’amor l’anima sciolta;

l’acerba pena mia nel petto accolta,
. . . . . . . . . . . . . . . . . . .
i sospir, che in amor sola mi fero,
avrian tregua talora o poca o molta.