Pagina:Luisa Anzoletti - Giovanni Prati, discorso tenuto nel Teatro Sociale la sera dell'11 novembre 1900 per invito della Società d'abbellimento di Trento, Milano 1901.djvu/14

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chiome traevasi dietro tutta una generazione innamorata de’ suoi flebili accenti, per la peregrina via ove passò l’Aleardi.

Al grande poema, che il patriottismo italiano scrisse nella storia della civiltà, mancò e forse mancherà sempre la concezione immensa dell’epica fantasia. Ma perchè quanto si spazia sotto il patrio cielo il grido fremebondo di quel momento eroico, perchè non vediam noi spaziarsi vasta altrettanto l’ala degli estri lirici? Perchè non ci è dato ancor sentire il palpito di fuoco, che in un ritmo melodico fa sussultar tutti i cuori d’un popolo?

Gli è che in quel coro non udimmo ancora levarsi la voce predominante del rapsodo trentino, il balioso canto del Prati; limpido qual nota argentina di liuto nel silenzio della notte; giocondo qual trillo di rondine sull’alba di giugno; rapido e possente come squillo di tromba guerriera, che infiamma e scaglia i combattenti alla battaglia.

La voce del rapsodo trentino, che quattr’anni prima delle cinque giornate avea sollevato in Milano l’entusiasmo di Cesare Correnti, e fatto balzar tutti i cuori giovanili in un’onda palpitante di pietà e d’amore narrando le sventure di Edmenegarda; la voce nuova del Prati, non ancora trentenne e già celebre, veniva da una regione d’Italia sino allora vergine di poeti creatori, e dove la bellezza e la mestizia, la libertà e la forza dei monti davano ai nervi e al sangue del poeta la più schietta romantica tempra. Dalle alpi trentine veniva la voce del