Pagina:Luzio-Renier - Mantova e Urbino, Roux, 1903.djvu/48

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me ha fato gran instancia de volere ritornare a Mantua, dicendo non havere avuto licencia si non per sin a Pasqua, ma io per el gran bisogno che ancora ho qua de lui non l’ho per niente voluto lassar partire, ma prego de core la S.V. sia contenta per mio amore comandarli per una lettera sua che ’l resti qui a servirmi almeno fin che la S.V. vengi qua". Passati alcuni mesi, Elisabetta chiese che il C. potesse rimanere ancora, e il Marchese con un biglietto, che è nel L. 132 del suo Copialettere, gli ingiungeva infatti: "Nui che desideramo in omne cosa a nui possibile farli cosa grata [alla sorella], volemo che tu resti per tre o quatro mesi et per quello più tempo parerà a sua Illma Sa n. (7 luglio ’88). Quando in dicembre lo lasciarono finalmente partire, Benedetto fu accompagnato dalle più lusinghiere commendatizie. Raccomandavalo caldamente il duca Guidubaldo (4 dicembre da Fossombrone) per la "fede et diligentia" con che aveva servito la moglie, la quale a sua volta di proprio pugno scriveva al fratello (5 dicembre da Fossombrone): "Per la instantia grande che me ha fato Benedetto Codelupo de retornare a servire la S.V. non ho potuto finalmente negarli la licentia, benchè l’habia retenuto più del voler suo, perchè invero, come dissi anche a la Ex.V. quando era qua, me ha tanto ben servita, che sempre sarò obligata a la S.V. che me lo concesse". Prega il Marchese di favorire un nipote povero di Benedetto, per le benemerenze dello zio.</ref>, accompagnando sempre la Duchessa, da cui si assentò solo per qualche giorno, in novembre, per eseguire un incarico del Marchese a Roma1. Di ciò dev’essere soddisfatta anche la curiosità di noi posteri, perchè difficilmente, senza le abitudini di accurato relatore, che il Capilupo aveva in altissimo grado, potremmo così minutamente seguire la luna di miele della giovane sposa.

Una lettera di Ginevra de’Fanti, che è tutta di pugno del Capilupo, c’informa di ciò che accadde dopo la partenza

  1. L’incarico era di impetrare il cappello cardinalizio pel protonotario Sigismondo Gonzaga, fratello del Marchese. Per molti anni ancora dovevano durare quelle pratiche. Il cardinale Francesco Gonzaga era morto nel 1483 e la famiglia voleva aver sempre un rappresentante nel sacro collegio. Cfr. Giorn. stor., XVI, 136.