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faire beaucoup d’honneur que de s’en occuper ici. Ce n’est pas le Gouvernement francais qui doit se plaindre de ces articles; c’est, il me semblie, le Gouvernement italien; car, dans son discours que vous n’avez pas oublié, l’honorable monsieur Crispi a déclaré qu’il tenait è l’amitié de la France».

Allora il Crispi, nel ricevimento settimanale, fece sapere al Billot, ambasciatore di Francia a Roma, che il Signor Pichon aveva fatto dello spirito, parlando dell’Italia, col chiamarla: «Sorriso della civiltà latina» e monsieur Ribot, parlando di lui stesso. Cose queste che non erano certamente adatte ad una reciproca intesa.

In virtù di accordi posteriori, l’Italia lasciò libera la Francia di ogni sua ingerenza al Marocco, mentre quest’ultima faceva altrettanto per la prima in Tripolitania. Ma è evidente che una simile transazione finì per dannegiarla, perchè, a fil di logica e secondo equità, l’Italia, in cambio della Tunisia, avrebbe dovuto ottenere la Tripolitania, come era opinionne fondata di Francesco Crispi.

Del resto, se la Francia tentava di invadere sempre più la Tripolitania, con mezzi pacifici, è vero altresì che ormai non pensava più ad insignorirsene per ovvi motivi; tanto che il Ferry aveva dichiarato, sin dal 1884 al Menabrea che: «Le voci che si facevano circolare a quel riguardo (circa le intenzioni di occupare il Marocco) erano senza fondamento; Egli, scrive il Menabrea, mi autorizzò a dichiarare all’E. V. nel modo più esplicito che il Governo della Republica non mirava in alcun modo nè ad annessione nè a protettorato nel Marocco; che anzi non desiderava che il mantenimento dello status-quo senza però escludere il miglioramento delle condizioni fatte agli stranieri delle diverse nazioni nei loro rapporti con quel paese.

«Infine il Sig. Ferry conchiuse la sua conversazione sul