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108 le cerimonie


e andar contrapesando il ben col male.

Alcune volte l’estremo vizioso
altro non è che un certo ampliamento
del mezzo virtuoso, e però d’esso
fa indizio. È vero c’è piú cerimonie
in Italia, ma ancor piú cortesia.
Nascon talvolta, perch’uno non sa
come altrimenti mostrar suo buon animo
e a tal un far piú che ordinario onore.
Orazio.   Dunque lodarle?
Leandro.   Dio guardi, io le computo
fra le gabelle della vita umana,
e pazzia stimo l’aggravarsi mutuamente
con solfe che dal pari impacciano
chi le fa e chi le riceve. Talvolta
ch’io mi trovo occupato e mi conviene
perder per qualche visita noiosa
un’ora o piú, ne dico piú di te;
e non men, quando sto comodo in qualche
luogo e per darmi preminenza vogliono
ch’io mi levi o altramenti mi disturbano.
E cosí l’altro dÌ, quando servii
un forastier che non volle mai dirmi
per cerimonia ove avesse piú genio
d’esser condotto e d’ogni mia parola
facea argomento di smorfia, onde s’io
gli dimandava s’era stanco ed egli
súbito: — O son io dunque cagion ch’ella
si stanchi? — Ma in sostanza questi modi
tu non vedrai però che né pur qui
sien di tutti, e anche qui vedrai deridersi
chi vi eccede.
Orazio.   Io non so, ma ho urtato in cose
a cui mal posso accomodarmi, essendo
diversamente avvezzo in Francia.
Leandro.   Oh che