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atto quarto | 131 |
come quel non sará mai piú pretèrito.
Antea. O gran pazzie che tu conti!
Trespolo. Ella può
farselo raccontare dai ragazzi
raccolti ancora lá intorno.
Antea. Ora vanne,
ché veggo Vispo e andrò con lui.
SCENA V
Orazio, poi Bruno.
me! A quest’ora mio padre averá forse
segnata giá la scritta, con che io
mi rimango per sempre condannato
a un matrimonio che non è di mio
genio e privo per sempre della mia
Camilla, qual d’ognora ho innanzi a gli occhi
e da cui mai non parte il pensier mio.
Dure leggi son queste, aspre, crudeli
necessitá.
Bruno. Fatalitá è qui dentro.
Che strani intoppi!
Orazio. Qual novella, Bruno?
Bruno. Maravigliosa, signor; né pur ora
si è fatto nulla.
Orazio. O che di’ tu? Qual buona
stella s’è mossa in mio aiuto?
Bruno. Da prima
è andato il signor padre tutto allegro,
come chi va a cosa fatta; ma è stato
accolto con cattivo viso, e dopo
molte smorfie alla fine abbiam capito