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ATTO SECONDO

SCENA I

Euriso e Ismene.

Ismene.   No, Euriso, di veder Merope il tempo

questo non è; benché tu sia quel solo
che d’ogni arcano suo fu sempre a parte,
lasciala sola ancor, finché piangendo
si sfoghi alquanto. Tu non sai qual nuova
sciagura il cor le opprima.
Euriso.   Io giá pur ora
da serpeggiante ambigua voce ho inteso
Polifonte affrettar le minacciate
nozze, e per accertarmi a lei correa.
Ismene.   Questo a lei sembra atroce mal; ma questo
quasi ch’or si disperde e in sen le tace,
ch’altro maggior l’alma le ingombra e preme.
Euriso.   Che avvenne mai? Forse del figlio, ch’ella
bambino diede a Polidoro, il vecchio
servo, perché qual suo lungi il nodrisse,
novella infausta è giunta?
Ismene.   Ah! tu ’l pensasti,
Euriso: tu ben sai ch’altro conforto
non avea l’infelice in tanti mali