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302 | poesie varie |
XIX
Luce, beltá del cielo, quanto simile
è a te beltá che de la terra è luce!
Teco è sempre il calor, vassallo umile,
seco ognora gli ardori essa conduce.
Fra spirto e corpo un non so qual sottile
mirabil mezzo è quel che ’n te riluce,
fra divino e umano un tal gentile
amabil mezzo è quel che ’n lei traluce.
Veloce sei tu si che ’l tuo splendore
giunto è giá su la terra, allor che spunta,
né fu lassú pria che quaggiú l’albore.
Tal la beltá, per cui l’alma ho consunta,
non giunte prima agl’occhi e poscia al core,
ma al core e agli occhi al punto stesso è giunta.
XX
Irene è nata in Africa.
Io da lunge v’adoro, afriche arene,
che di quel vago piè Forme serbate;
io vi bacio da lunge, aure beate,
onde i primi respir contrasse Irene.
E benché de le belve, onde son piene
le vostre piagge, appresa ha crudeltate
si che giudica vanto di beltate
odiar tutto in altrui, fuorché le pene;
e benché a saettar raggi omicidi
imparare dal sol colá solea,
che par che tutto ivi ’l suo foco annidi;
non però chiamerò tal sorte rea:
so ben che sol negl’africani lidi
un mostro di beltá nascer dovea.