Pagina:Maffei, Scipione – Opere drammatiche e poesie varie, 1928 – BEIC 1866557.djvu/320

Da Wikisource.
314 dell’iliade di omero


25felicemente di tornar; la cara
rendere a me figlia vi piaccia e il prezzo
non ricusare, onor facendo al figlio
di Giove il lungi saettante Apollo. —
Qui gli altri favorian tutti, parlando
30il sacerdote rispettare e i doni
prender doversi egregi; ma non piacque
giá questo a Agamennon, che bruscamente
anzi cacciollo ed aspri detti aggiunse:
— Ch’io non ti colga, o vecchio, a queste navi
35per tardar ora o per ritornar da poi,
ché non per certo gioveranti punto
né la sacra ghirlanda, né lo scettro.
Costei non scioglierò, pria che vecchiezza
lungi dai lari suoi la prenda in Argo,
40mentre stará ne’ nostri alberghi oprando
tele ed avendo del mio letto cura.
Ma vanne e piú non m’irritar, se sano
di girten brami. — Cosi disse, e il vecchio
paventò forte ed ubbidi, prendendo
45lungo il lido del mar romoreggiante
tacito e afflitto; ma poiché discosto
alquanto fu, molto a imprecar si mise,
al di Latona benchiomata figlio
Apollo re caldi volgendo prieghi.
50 — O da l’arco d’argento, o tu che Crisa
difendi e Cilla e Tenedo e che il nome
di Sminteo porti, odi il mio dir: se mai
ornando il tempio tuo grato ti fui,
se mai di tori e capre i pingui lombi
55t’arsi e t’offersi, questo sol desire
m’adempí: paghin con le tue saette
gl’inesorabil greci il pianto mio. —
Cosi pregava, e Febo udiHo e d’ira
acceso scese da l’eteree cime,
60l’arco avendo in sugli omeri e la intorno