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338 dell’iliade di omero


lice, gli tenterò, sopra le navi
moltipanche ordinando di fuggire;
ma voi un qua, un lá col parlar vostro
ioo arrestategli. — Detto ch’ebbe, posesi
a sedere e il signor de l’arenosa
Pilo rizzossi Nestore, che in saggi
sensi lor prese a ragionare e disse:
— O amici, direttor’ de’ greci e duci,
105s’altri narrato degli argivi un sogno
ci avesse, falso inver per noi direbbesi
e rifiutar sapremmolo; ma ora
colui lo vide che fra tutti sommo
si prèdica, però accingiamci tosto
no a far che s’armin degli achivi i figli. —
Si avviò per uscir dopo tai detti,
e al pastor de le genti i re scettrati
si apprestaro a ubbidir. Venian le turbe
qual vien da cava pietra il popol folto
115de Papi, ché ne vanno uscendo sempre
di nuove e quasi grappoli su i fiori
di primavera volano e altre quindi
veggonsi svolazzar, spesse altre quinci:
tal da le tende e da le navi a truppe
120sul vasto lido in copia al parlamento
si portavan le genti, a gir spingendo
voce fervea tra lor nunzia di Giove.
Assemblarsi e pria grande era il tumulto
nel consiglio; sedendo tutti, il suolo
125gemea. Ben nove ivan gridando araldi
per far silenzio, se volevan mai
acchetarsi ed i regi udir da Giove
nodriti. Luogo a un tratto il popol prese
e cessando il clamor tenne i sedili.
130Levossi il buon Atride, in mano avendo
lo scettro di Vulcano opra, cui diede
egli al saturnio re Giove, ma Giove