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374 dell’iliade di omero


col duro ferro, indi posegli in terra
350palpitanti e giá spenti, che il coltello
tolto avea loro il fiato. Dal cratere
attignean vino e con patere al suolo
il versavano, i numi supplicando
immortali. Ci fu de’ troici e greci
355chi favellò cosi: — Giove supremo,
glorioso e altri dèi sempreviventi,
chi prima i patti violerá sen vada,
come ora questo vino, a terra sparso
il lor cervello e de’ figli, e le mogli
360d’altri sien preda. — In modo tal parlaro,
ma il lor desio Giove adempir non volle.
     Poscia il Dardanio Priamo questi detti
proferí: — Udite me, troiani e voi
ben gambierati achivi, a la ventosa
365Troia io ritorno, ché veder con gli occhi
propri il diletto figlio col guerriero
Menelao far battaglia io mal potrei
a quel di lor morte destini il fato
Giove sa e gl’immortali numi il sanno. —
     370Ciò detto, gli agni dentro il cocchio pose
l’uomo divino, poi sali e le briglie
a sé trasse; sul cocchio ornato e vago
presso lui montò Antenore e amendue
senza ritardo ad Ilio fèr ritorno.
375Ettor di Priamo figlio e ’l divo Ulisse
pria misuraro il campo e poi le sorti
in ferreo elmo gittar, cercando a quale
di lor vibrar l’asta ferrata in prima
toccasse. Intanto a supplicar gli dèi
380le torme si volgean, le mani alzando.
E ben ci fu tra lor chi così disse:
     — Giove padre, che in noi da l’Ida imperi
glorioso, oltragrande, qual di loro
che primo fu di tanti mali autore