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208 dell’istoria di verona

sopra tutt’altro indubitata fede, essendosi le città in ogni tempo illustrate principalmente e nobilitate dalle sontuose fabriche, e ben intese. Il Cluverio arguì saggiamente l’antica forza di Verona dal vedercisi vestigi e pezzi d’antichità in maggior copia, che in qualunque altro luogo della Gallia cisalpina; ma poteva egli forse aggiungere dell’Italia tutta, riservando sempre la gran Metropoli del mondo. Di questi in poche parole ci spediremo, per doversene trattare in altro luogo distintamente. La prima e più antica reliquia ci par esser quella di cui nell’anterior libro abbiam fatta menzione parlando de’ nostri Quartumviri. Il pezzo coperto, che ne sopravanza, mostra un bellissimo Dorico, e benchè in pietra tenera ed ordinaria, ne traspira il magnifico dalla forma. Dalla doppia e superba porta, addossata poi alla più vecchia, per fare all’edifizio un più nobil prospetto, ben si ravvisa quanto sontuoso fosse qui il Foro della ragione. Si sgombrerà nel trattarne a parte l’error comune d’aver finora creduto Arco tal doppia porta. La bellezza e la forma delle lettere, che ci si veggono in fronte, contribuisce al giudicar la fabrica d’ottima e lodata età. Poco lontano di tempo è da creder l’Arco de’ Gavii, che restava allora fuor di città, non per Imperadori, nè per trionfi eretto, come gli Antiquarj e gli Architetti soglion credere tutti gli Archi, ma superbo sepolcral monumento d’una famiglia che dovea risplender qui tra le prime. Due statue per parte al naturale ci furon già, delle quali ci rimangon le nicchie; una di Marco Gavio Macro, altra di Caio Gavio