Pagina:Maffei - Verona illustrata IV, 1826.djvu/71

Da Wikisource.

antichità romane 65

Nel secolo del 900 si riguardava come stupendo quest’edificio, chiamandolo Liutprando ponte marmoreo di mirabil lavoro e di maravigliosa grandezza (l. 2, c. 21: marmoreus miri operis miraeque magnitudinis pons). Nella chiave dell’arco dalla parte interna è una figura di bassorilevo che poco si distingue. Il Saraina disse rappresentar Nettuno; forse a suo tempo era più conservata. Le pietre son molto grandi, e ne’ fianchi delle pile si veggono incavi di parte e d’altra, che parrebbero fatti per attraversar, volendo, l’ingresso alle barche. Quel rotondo foro sopra la pila di mezo era parimente d’uso antico.

Dall’altra parte, quasi dirimpetto alla Chiesa del Redentore, affermano i nostri Scrittori che si vedeano già i vestigj delle pile d’altro simil ponte. Non trovasi di ciò veramente molto sicuro riscontro; ma se così è, avrebbe quel ponte accresciuta la bellezza di questo sito. Quindi è poi, che si sono immaginati tra l’uno e l’altro di questi ponti essersi celebrate le Naumachie, benchè con errore a tal loro immaginazione molto contrario credessero nell’istesso tempo che per qua allora non passasse l’Adige. Spettacoli e combattimenti navali poco si videro fuor di Roma; e della Naumachia di Roma ancora mera invenzione sono i disegni che vanno in giro. Il suo ponte non di pietra fu, ma di legno, come da Plinio s’impara (l. 16, c. 39), ove dice, ch’essendosi abbrugiato, ordinò Tiberio che si facessero venir dalla Rezia larici per rimetterlo. Di quella di