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la cascata d'antognasco. 61

tenza, di moti ineffabili d’amore e di entusiasmo.

Allora è solenne compiacimento osservare l’uccello della tempesta, il circeto solitario, ruotarsi con l’ala tesa e remigante su que’ terribili abissi, affrontare l’impeto delle acque, i vaporosi vortici, le diaccie raffiche, e, svanendo per quel turbine sinistro, levarsi..., levarsi con l’orgoglio maestoso della vittoria a respirare l’aere convulso dell’opposta sponda.

Ma qui non siamo al Niagara, nè sulle sponde del Reno, nè presso le impenetrabili sorgenti del Nilo, nè vicino le acque del prœceps Anius cantato dal Venosino: non è il sublime che ispira, ma la calma della natura, il ritiro, la solitudine solenne.

Non so perchè sulle umili prode dell’Antognasco abbia pensato a Byron, forse per la prossimità della Svizzera, dov’e’ pure un giorno cercava influssi di pura poesia nelle sue escursioni. Esempigrazia, ecco una nota di Giorgio, che può andare al lettore:

«Settembre, 22. Mi partii da Rhun in battello, che ci trasportò per la lunghezza del lago in tre ore. Piccolo è il lago ma belle le sponde, dirupi giù fino alla superficie dell’acqua: sbarco a Neuhan, passo Interlaken, m’innoltro per una serie di bellezze superiori