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— Crede proprio di non essere inferiore? — disse ella.

— Non so come Lei giuochi — rispose Silla movendo un alfiere.

Ella mise un breve riso metallico guardando l’alfiere nemico, e disse:

— Vede, io so invece come giuoca Lei. Lei giuoca prudente. Ha paura di perdere, non di vincere.

A questo punto il dottore spinse l’uscio, e vista la partita impegnata, si fermò. Marina parve non vederlo. Quegli richiuse l’uscio pian piano.

— Cosa fa adesso? — proseguì Marina con accento più vibrante. — Perchè non esce fuori con la Regina? Perchè non attacca sinceramente?

— Io non attacco. Mi basta difendermi, e Le assicuro, marchesina, che lo posso fare abbastanza bene. Perchè vorrebbe Lei che attaccassi?

— Perchè allora la finirei più presto.

— Secondo.

— Si provi — disse Marina.

Silla chinò la testa, con intensa attenzione, sullo scacchiere.

Donna Marina fece un atto d’impazienza e si alzò in piedi.

— È inutile che studi tanto — diss’ella. — Le assicuro che non vincerà. Non vincerà— ripetè scompigliando con la mano e rovesciando i pezzi. — Io non ho giuocato contro di Lei altra partita che questa, e credo che non ne giuocherò più.

— Meglio per Lei.

— Oh, nè meglio nè peggio.

— Sicuro — diss’ella con accento sarcastico. — Ella non è qui per giuocare contro di me; è qui per fare degli studi profondi con il conte Cesare, non è vero? Che studi sono?

Silla godeva di sentirla irritata; era una vittoria.

— Di nessun interesse per Lei, signorina — rispose.