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A mezzo della muraglia di sostegno, propriamente in faccia alla loggia, sale il monte tra il versante di mezzogiorno e quello di ponente un’ampia scalinata a ripiani, fiancheggiata di cipressi colossali e di statue. A destra e a sinistra si stendono reggimenti di viti, allineate in ordine di parata. Alcuni dei cipressi han perduto la cima e mostrano la fenditura nera d’un fulmine; i più sono intatti e potenti nella loro augusta vecchiaia. Paion ciclopi enormi che scendano solennemente dal monte a lavarsi; e mettono intorno a sè il silenzio dello stupore.

Delle statue, appena otto o dieci durano su piedestalli, mascherati da fitti domino d’edera. Ne stendono fuori le braccia ignude e accennano, simili a minacciose sibille o piuttosto ninfe già sopraffatte e irrigidite da una strana metamorfosi. Il figlio del giardiniere seguiva quest’ultima interpretazione e usava porre loro in mano dei fasci di erbe e di fiori. A sommo della scalinata sta un’ampia vasca appoggiata ad una elegante parete greggia a mosaico bianco, rosso e nero, ripartito in cinque arcate intorno ad altrettante nicchie, ciascuna con la sua urna di marmo; in quella di mezzo una Naiade ignuda e ridente si curva sull’urna, la inclina col piede; e n’esce a fiotti l’acqua che dalla vasca è condotta per un tubo nascosto a zampillare nel cortile, tra i fiori. Sul piedestallo della statua sono incise le famose parole di Eraclito:


panta réi.


Dalla biblioteca, posta all’estremità di ponente della villa, si esce ad un giardinetto pensile coperto quasi tutto dall’ombra d’una superba magnolia. Una scaletta scoperta ne discende al cortile presso alla porticina della darsena e al cancello d’uscita. Si va di là, per un’umile stradicciuola, a R...

All’altro capo della villa una massiccia balaustrata

Malombra. 3