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lontana da Milano, in mezzo a tanta quiete e a tanto verde, come ella stessa aveva scritto; e, nel disfare la valigetta, chiamò suo padre, gli domandò s’era contento. Egli venne dalla sua camera con la cravatta in mano e gli occhietti scintillanti. Altro che contento! Edith gli fece vedere due bei bottoni di rosa in un bicchiere posato sul cassettone e un volume di Lessing: Nathan der Weise. Li aveva anche suo padre i fiori sul cassettone e aveva la storia della guerra dei trent’anni di Schiller in tedesco. Che gentilezza di quel don Innocenzo e che accoglienza cordiale! A Edith pareva un po’ invecchiato; a Steinegge no. E Marta, che cordialità, povera donna! Si scambiavano le loro impressioni a bassa voce, mentre Edith disponeva nel cassettone la sua roba. Aveva portato alcuni libri tedeschi e italiani, ma non — Un sogno. — A suo padre che si dolse un poco di questa omissione, ella non rispose parola; gli passò invece una mano sotto il braccio, lo trasse alla finestra che guardava l’orto, la stradicciuola, i prati, i pioppi lontani dal fiume, le colline al di là e tanta distesa di nuvole bianche.

— Mi par d’essere una fanciulla — disse Edith — e trovarmi la sera nel mio letto dopo essermi smarrita il giorno fuori di casa, e aver pianto, aver provate tante angoscie. Non ti senti, papà, meno straniero qui che a Milano?

Qualcuno parlava nell’orto. V’era don Innocenzo con una vecchia contadina che si lagnava, piagnucolando, della sua nuora. Il parroco cercava di chetarla; allora la vecchia cominciava, chinando il capo, un’altra storia più segreta ed egualmente triste che don Innocenzo interrompeva con dei bene bene soddisfatti, come se a questo nuovo malanno gli fosse più facile trovar il rimedio. Le cacciò di fretta in mano alcune monete e la mandò via bruscamente.

— Che strega quella donna lì! — disse Marta di dentro. — Spero bene che non le avrà dato niente.