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E nel silenzio vibrò da capo la voce di Marina.

— Sessant’anni or sono, il padre di quel morto là — (ell’appuntò l’indice all’ala del Palazzo) — ha chiuso qui dentro come un lupo idrofobo la sua prima moglie, l’ha fatta morire fibra a fibra. Questa donna è tornata dal sepolcro a vendicarsi della maledetta razza che ha comandato qui fino a stanotte!

Teneva gli occhi fissi sulla porta a destra, ch’era aperta perchè avean disposto la credenza nella sala vicina.

— Marchesina! — le disse il dottore con accento di blando rimprovero. — Ma no! Perchè dice queste cose?

In pari tempo le pigliò il braccio sinistro con la sua mano di ferro.

— Là c’è gente! — gridò Marina. — Avanti, avanti tutti.

Fanny e gli altri fuggirono, per tornar poi subito in punta di piedi a spiare, nascondendosi da lei.

Silla venne sulla porla del salotto. Di là non poteva veder Marina, ma la intendeva benissimo. Adesso diceva:

— Avanti! egli non viene perchè la sa la storia. Ma non la sa tutta, non la sa tutta; bisogna che gli racconti la fine. Tornata dal sepolcro, e questo è il mio banchetto di vittoria!

La voce, subitamente, le si affiochì. Ell’abbracciò la colonna presso cui stava, vi appoggiò la fronte scotendola con veemenza come se volesse cacciarvela dentro, mise un lungo gemito rauco, appassionato, da far gelare il sangue a chi l’udiva.

— L’infermiera, la donna di stanotte! — disse forte il medico verso la porta, e si voltò poi a Marina, di cui teneva sempre il braccio.

— Andiamo, marchesina — diss’egli dolcemente — ha ragione, ma sia buona, venga via, non dica queste cose che le fanno male.

Ell’alzò il viso, si ravviò con la destra i capelli arruffati sulla fronte, trapassando ancora con l’occhio avido la porta e la sala semioscura. Sul suo petto ansante il giglio scendeva e saliva, pareva lottar per aprirsi. La moglie del