Pagina:Mantegazza - Elogio della vecchiaia.djvu/283

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di marco tullio cicerone 259

giunto all’ottantesimo anno si spegnesse scrivendo; di Isocrate che grave di novantaquattro, componeva il suo libro del Panatenaico, vivendo poscia altri cinque anni. Fu suo maestro Gorgia Leontino che varcò il centosettesimo anno, senza mai distogliersi dagli intrapresi studi, né abbandonare le consuete faccende. Richiesto un giorno, come mai sapesse reggersi in così lunga vita " perché, rispose, la vecchiezza non mi dà finora motivo di essere malcontento". Sublime risposta, degna di così valentuomo, conciossiaché gli uomini rozzi solamente incolpano l’età senile di loro melensaggine e de’ loro difetti.

Così non la pensò quell’Ennio, a voi già noto:

Pari a destrier che la sudata arena
Correndo, vinse i contrastati allori
Ed or carico d’anni, sta e riposa

paragona la sua vecchiezza a quella d’antico animoso corsiero vincitore: e di lui certamente voi potete avere qualche memoria. Diecinove anni dopo sua morte vennero al Consolato Tito Flaminio e Marco Acilio; ed egli, essendo Consoli, per la seconda volta Cepione e Filippo, trapassò, allora appunto che, compiuti li sessantacinque anni, io mi feci a propugnare la legge Voconia con validi argomenti e con tutta l’energia de’ miei polmoni. Ennio toccava il settantesimo anno, ed in quell’ultimo stadio, povertà e vecchiezza, che tutti credono noje gravissime, sopportò con tanta fermezza che quasi sembrava compiacersene.

Ad ogni modo, il tutto ben considerato, trovo quattro motivi per cui sembra infelice questa età.

Il primo, perché distoglie l’uomo dagli affari;