Pagina:Mantegazza - Elogio della vecchiaia.djvu/287

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di marco tullio cicerone 263

tuttavia ch’il crederebbe? nell’età avanzata, confondeva i nomi, e salutando Aristide lo appellava Lisimaco. Io parimenti conobbi non solamente coloro che al presente sono ancora in vita, ma i padri ed avi loro. Scorrendo le iscrizioni scolpite sui loro sepolcri, non lo faccio, come asseriscono taluni, per timore di smarrirne la ricordanza, bensì perchè in cosiffatta guisa rivivo fra i trapassati.

Non mi sovviene di persone attempate che nascosto un tesoro, dimenticassero mai il luogo dove l’avevano celato. Rimembrano esse con rara precisione ogni loro faccenda, non lasciano cadere in contumacia l’assegnamento delle comparse nel foro, e tengono nella memoria i nomi de’ loro debitori e creditori. Gran numero di giureconsulti, pontefici, auguri, filosofi, arrivati in età avanzatissima, conservarono intatta la vasta loro erudizione.

Lo studio e l’alacrità giovano a mantenere vigorosa la mente dei vecchi. E ciò non avviene solamente per eminenti e chiari personaggi, ma per coloro altresì che vivono privatamente.

Giunto all’ultimo stadio senile, Sofocle componeva tragedie, e perchè assorto dalla passione dello studio era noncurante degli interessi della casa, venne dai figli chiamato a renderne conto ai giudici. E nella stessa guisa che in Roma sono interdetti coloro che malamente amministrano le loro sostanze, così da quel tribunale veniva Sofocle dichiarato mentecatto e sospeso dal governo della famiglia. Narrasi di quel vecchio venerabile, che al cospetto dei giudici prendesse a declamare l’Edipo a Colono, tragedia di fresco composta, in