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Il pensiero nella vecchiaia 57

E Humboldt, che presso i novant’anni scrive il quarto volume del suo Cosmos.

E Fontenelle e Chevreul, centenari e non mai imbecilli.

E Duverney, l’anatomico, che ad ottant’anni si fa applaudire nella Accademia di medicina, come oratore potente.

E la Sand, che nei suoi ultimi romanzi scritti dopo i settant’anni non mostra nessuna fiacchezza nel suo poderoso ingegno di scrittrice.

E Palmerston e Gladstone, che governano l’Inghilterra e potrei dire più che mezzo il mondo civile a più di ottant’anni.

E tanti e tanti altri, che nell’estrema età della vita continuano a pensare altamente e a fare con energia.

Ma voi potreste dirmi che i geni fanno classe a parte, che sono rare e onorevolissime eccezioni.

Ed io allora direi subito che noi ci occupiamo soltanto dei grandissimi, perchè essi soli fermano l’attenzione universale; ma che anche negli strati medi e bassi dell’intelligenza abbiamo vecchi, che negli affari pedestri della vita o nelle industrie