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padre, e mi metteva a zappar profondamente, fortemente, finchè non mi sentissi correre il sudore a ruscelletti lungo le spalle e giù per il petto infuocato. Aveva ereditato da mio padre la passione della terra: odiava la città e i villaggi: voleva sempre essere fra i campi di maiz o all’ombra dei lauri. Non guardava mai in faccia alle donne; non so perchè, ma mi pareva una smorfia da cittadini il fare all’amore. Aveva una febbre nei muscoli che volevano sempre muoversi; aveva una smania nel petto di respirare l’aria più pura, e respirarla a onde; e tutti i picchi più alti dell’isola hanno veduto i miei piedi: c’è qualche roccia che io solo e l’aquila abbiamo toccato.

L’amore mi prese come un fulmine, come una palla da cannone che vi colpisca in mezzo al petto.

Un giorno me n’era andato a Funchal e stava passeggiando sud molo del porto, aspettando un amico con cui doveva imbarcarmi per Porto Santo. Voleva andare in caccia di conigli. Zufolava impazientito che il mio amico mi facesse aspettare, quando dinanzi a me vedo una carrozzina in cui stava una pallidissima creatura che, se non avesse avuto gli occhi aperti, io avrei giudicata morta. Dietro al carrozzino stava una altra creatura giovine e bellissima che lo spingeva innanzi e che ad ogni tratto amorosamente si chinava a domandare alla povera signora moribonda che cosa volesse.

Quella giovane doveva essere una cameriera, ma questo a me non importava nulla: quel ch’io ricordo è che mi sentii portato in cielo al solo guardarla, che i suoi occhi azzurri, i suoi folti capelli biondi, la sua carnagione di rosa mi innamorarono talmente che quando l’amico mi venne incontro col suo fucile ad armacollo gli dissi che non partiva più per Porto Santo.

Era la prima donna ch’io aveva guardato in volto, ma mi parve subito ch’io non avrei potuto vivere senza di lei; e il mio amore dovette essere così violento, così contagioso, che dopo otto giorni anche Jessy era innamorata di me.

Ella era una cameriera, ma una cameriera inglese