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mi sento più la mia, e panni sentir trepidare il tuo cuore nel mio petto?

E quando parliamo a lungo, e chi di noi interroga, e chi risponde?

E quando guardiamo le stelle insieme, e là nel cielo infinito si smarrisce il nostro pensiero, e chi di noi due dà la mano all’altro per scendere in terra, e chi è che dà, e chi è che riceve in quell’estasi senza nome?

E quando ci separiamo, e il dolore dell’ultimo saluto ci ravvicina cento volte e cento volte ci rinnovella il saluto, chi è che si distacca dall’altro? chi è che lascia maggior parte di sè stesso nel cuore dell’altro?

E quando ci inebbriamo della santa gioia di vederci, d’intenderci, di sentirci portati in una sfera elevatissima, di sentirci nell’adempimento dei nostri doveri degni uno dell’altro, e chi è di noi che dà, chi di noi colui che riceve quell’ebbrezza divina?

I fisiologi hanno osservato più volte che due sposi che si amano, dopo aver vissuto lunghi anni insieme, vengono a rassomigliarsi; sicchè talvolta sembrano più fratelli che consorti. Non avviene lo stesso anche di noi due? Non siamo noi due foglie gemelle pendenti da un solo picciolo, non siamo noi due petali d’una stessa corolla?

C’è dunque il furto, ma il ladro non si trova. Emma non ha pensieri suoi, perchè William pensa le idee di Emma; perchè non esiste in noi due che una gioja sola, che un sol dolore; un’idea sola, un’anima sola.

Ecco la soluzione del tuo problema. A domani.

william a emma.

Londra, domenica.

Tu mi hai detto più d’una volta, mia Emma, mia dolcissima Emma, che noi pensavamo sempre insieme le stesse cose; e che quando io ti esponeva le mie idee, fossero pur nuove e strane, tu subito le intendevi e ti pareva di averle già pensate; e più che ca-