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Non aveva mai veduto quel mio dottore più bello, più sereno. Io lo avrei baciato e ribaciato cento volte. Mi accorgeva chiaramente che egli, consolandomi non mi ingannava, ma ch’egli stesso credeva che potrei guarire, e che potrei esser tua un giorno. E quelle parole così piene di felicità pronunciate da una bocca che mi pareva santa, mi trasportavano in un mondo di paradiso.
E il buon vecchio se n’accorgeva, e i suoi occhi fermandosi a lungo sovra di me, nuotavano in un sorriso che era lagrimoso, tanto era tenero.
Si rivolse a mia zia:
— Ma, e il signor William saprà aspettare tanto tempo, saprà vivere in tanta incertezza per quattro o cinque anni?
Risposi io alla domanda fatta alla zia, e sentendomi diventar rossa rossa, dissi con accento molto lesto:
— Oh sì, certamente, William mi aspetterà.
Ho fatto male, caro William, a prometter tanto, a farmi mallevadrice di tanta pazienza? Smentiscimi subito, se lo vuoi.
— Oh! a proposito, m’interruppe ridendo forte il dottor Thom, il signor William deve darvi la sua parola che non andrà mai a trovarvi a Madera, vi lascerà sola col vostro egoismo (ne avete dell’egoismo?) tutta intenta a guarire. Alla fine, se volete guarire è per lui, è per lui solamente.
Io ti rifaccio a modo mio questo dialogo, ma sono sicura che aggiungo molte parole che noi non abbiam detto. S’era in tre; ma ci intendevamo a mezze parole, e i sorrisi e i segni entravano nei nostri discorsi più eh e le parole.
— Io vi manderò a Londra un libriccino manoscritto che porterete con voi a Madera: sarà il vostro medico. Vi darò anche una lettera per il mio amico, il dottor Sonthey, ma non la si presenta che quando aveste la disgrazia di essere obbligata a letto; e spero che ciò non avverrà mai in quell’aria di latte tiepido. E con chi andate a Madera?
— Con me, rispose la zia Anna.
Avrei voluto che tu fossi presente a quella scena,