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46 | introduz. alla scienza sociale | [§ 18] |
a discrete produzioni letterarie, ma non ha solitamente la menoma efficacia per mutare quegli usi o costumi, i quali solo si trasformano per ben altre cagioni.
Vi sono certi fenomeni ai quali nelle nostre società si dà il nome di etici o morali, che tutti credono conoscere perfettamente, e che nessuno ha mai saputo rigorosamente definire.
Non sono mai stati studiati da un punto di vista interamente oggettivo. Chi se ne occupa ha una qualche norma che vorrebbe imporre altrui, e da lui stimata superiore ad ogni altra. Egli quindi ricerca non già ciò che uomini di un dato tempo e di un dato paese chiamano morale, ma ciò che a lui pare doversi chiamare con quel nome; e quando pure degna studiare qualche altra morale, egli la vede solo attraverso ai proprii pregiudizi, e si contenta di paragonarla alla sua, che è misura e tipo di ogni altra. Quel paragone porta a varie teorie, implicite, od esplicite. La morale tipo è stata considerata come alcunchè di assoluto; rivelata od imposta da Dio, secondo il maggior numero; sorgente dall’indole dell’uomo, secondo alcuni filosofi. Se ci sono popoli i quali non la seguono ed usano, è perchè la ignorano, e i missionari hanno l’ufficio di insegnarla ad essi e di aprire gli occhi di quei miseri alla luce del vero; oppure i filosofi si daranno briga di togliere i densi veli che impediscono ai deboli mortali di conoscere il Vero, il Bello, il Bene, assoluti; i quali vocaboli sono spesso usati sebbene nessuno abbia mai saputo cosa significassero, nè a quali cose reali corrispondessero. Chi sottilizza su tale materia vede nei diversi generi di morale, taluno ora dice anche nelle varie religioni, uno sforzo dell’Umanità (altra astrazione del genere delle precedenti,