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172 il manzoni unitario.

Nos hic intexto concludunt retia ferro
     Et superum prohibent invida tecta diem.
Cernimus heu! frondes et non adeunda vireta
     Et queis misceri non datur alitibus.
Si quando immemores auris expandimus alas,
     Tristibus a clathris penna repulsa cadit.
Nullos ver lusus dulcesve reducit amores,
     Nulli nos nidi, garrula turba, cient.
Pro latice irriguo, læto pro murmure fontis
     Exhibet ignavas alveus arctus aquas.
Crudeles escæ, vestra dulcedine captae
     Ducimus æternis otia carceribus.


L’Austria ricevette pure i primi colpi dal giovinetto Manzoni, nel Trionfo della Libertà:

S’alzò tre volte e tre ricadde al suolo
     Spossata e vinta l’Aquila grifagna,
     Che l’arse penne ricusâro il volo.
Alfin, strisciando dietro a la campagna
     Le mozze ali e le tronche ugne, fuggìo
     Agl’intimi recessi di Lamagna.

Non ci meravigliamo dunque che tra i Martiri dello Spielberg il conte Confalonieri sapesse a memoria e recitasse parecchie terzine del poema giovanile d’Alessandro Manzoni. L’anima gloriosa del francese Desaix caduto a Marengo combattendo contro gli Austriaci per quella che si sperava potesse divenire la libertà d’Italia, appare in una specie di Olimpo al giovine Poeta, il quale, pure imitando il noto incontro di Virgilio con Sordello, sa ancora trovare e produrre un nuovo effetto poetico:

Allor ch’egli me vide il piè ramingo
     Traggere incerto per l’ignota riva,
     Meditabondo, tacito e solingo,