Pagina:Manzoni - La rivoluzione francese del 1789 e la rivoluzione italiana del 1859, Milano, 1889.djvu/12

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non credo ci fosse, in questa cognizione, nonché Italiano, neanchevFrancese, che lo superasse a’ suoi tempi o lo supererebbe ora, — s’era lasciato trascinare a seguirne i passi con tanta precisione, con quanta, se non erro, nessun altro prima o dopo di lui. Procedendo così, non era giunto, alla fine dei 286 fogli, se non a percorrere i fatti dei primi tre mesi di quella Rivoluzione, a cominciare dalla convocazione degli Stati Generali. Certo, egli non s’era proposto di scriverne la storia, e lo dice; ma, ciò che aveva in realtà fatto, era una storia insieme accurata e un esame scrupoloso e disastroso per uomini e cose. E, al punto in cui era, o doveva continuare per la stessa via, e gliene mancava oramai, non la dottrina o la costanza, ma la lena; o smettere. E smise, non perchè volesse — giacché si riprometteva spesso di venirne a capo, — ma perchè l’età e il modo della sua vita non gli permettevano di formare una volontà abbastanza precisa e decisa di andare avanti. Pure, il suo lavoro, se non è materialmente compito, anzi assai lontano dall’essere compito, ci resta moralmente intero; voglio dire, il suo pensiero sulle due Rivoluzioni che vuol comparare ci è espresso tutto: rispetto all’italiana, se assai sommariamente, certo con gran verità ed esattezza nella Introduzione; rispetto alla francese, così in questa, come minutamente e a passo a passo nel frammento che pubblichiamo. Giacché, se egli non va oltre i primi tre mesi, pure i fatti che narra e ne sviscera bastano a chiarire in che, secondo lui, l’Assemblea errasse sin dal suo principio, e come andasse progredendo a ogni sua mossa nell’errore, e quale l’errore fosse. E prima e dopo del Manzoni, sono state dette cose che rassomigliano a quelle dette da lui, e di quelle dette prima egli si giova. Ma né prima, né