Pagina:Marinetti - Il tamburo di fuoco.djvu/53

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muscoli, ne coraggio. Il suo corpo ha il terrore delle grandi strade fortunose del deserto. Io non seguo le strade; le prendo. Sono mie. Escono da me. Via, di slancio! Scivolare. Rimbalzare. Non premere sulla sabbia. Leggerezza. Lunghi scatti veloci. Come una pietra piatta sulla cresta delle onde. Mirabile astuzia dei miei garretti. Ogni mio muscolo è una strada arrotolata che io snodo a volontà. Sono un corridore che crea le sue strade. Questa la voglio elastica come la mia coscia. Quest’altra tesa, metallica, come i miei tendini. Forse si confonde lontano con una pista di leoni. Poiché sono un cacciatore instancabile! Non imploro, ne vedo i pozzi disseccati. Se mi fermo subito, io annodo sul polpaccio un serpente assopito perchè la mia sosta sia breve e vigilante. Bevo ogni tanto al pozzo del mio cuore colmo di coraggio. Credimi, Kabango, quei cammellieri erano tutti simili a Lanzirica. Trascinavano la loro viltà sulle strade. Irritatissime, queste si rivoltarono come serpi sulle gambe-zampe della carovana, e le tennero ferme sotto i veloci pugnali del sole.


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