Pagina:Marinetti - La cucina futurista, 1932.djvu/26

Da Wikisource.

sciando il bel palmeto zuccherino, come una tigre allungata, morse e mangiò un soave piedino pattinatore di nuvole.

Alle tre di quella notte, con un tremendo torcersi di reni, addentò il folto cuore dei cuori del piacere. Scultori e scultrice dormivano. All’alba mangiò le sfere mammellari d’ogni latte materno. Quando la sua lingua sfiorò le lunghe ciglia che difendevano i grandi gioielli dello sguardo, le nuvole addensatesi velocemente sul Lago partorirono un precipitante fulmine arancione a lunghe gambe verdi che schiantò il canneto a pochi metri dalla sala d’armi.

Seguì la pioggia delle lagrime vane. Senza fine. S’intensificava così il sonno degli scultori e della scultrice di vita.

Forse per rinfrescarsi, a capo scoperto, Giulio uscì allora nel parco tutto invaso dalle sussultanti tubature dei rumori del tuono. Era insieme sgombro, liberato, vuoto e colmo. Godente e goduto. Possessore e posseduto. Unico e totale.


[20]