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ra l’epoca, quella, delle colossali indigestioni, divenute leggendarie, che scoppiavano, come uragani di felicità, specialmente nei ricchi monasteri.
Fra tutti i più formidabili ghiottoni che illustrarono quella santa età, l’abate Gozzoviglia, priore dei frati Mangioni, si distinse per un’impresa che è rimasta nella storia... Ve la racconterò.
Sappiate dunque che quell’abate, messosi a tavola una notte di Natale, mangiò per quaranta giorni e quaranta notti — dormendo e ruminando col naso nel piatto, per qualche ora soltanto, e bevendo come la gobba di un dromedario — finché venne la festa di San Biagio, il qual santo — miracolo inaudito — gli trovò asciutta la gola.
Fu un’indigestione prodigiosa, che tutti i cronisti registrarono tra i fatti più memorabili dell’umanità.
Cercate, amici, di ricostruire con l’immaginazione la magnifica Badia dei frati Mangioni, tutta bianca tra il verde e sonnecchiarne al sole come una gatta d’Angora, in un paesaggio mansueto di alberi in fiore, attraverso i quali il rovaio si mutava in un alito tiepido e profumato... E immaginate anche lo splendore delle cucine di quel convento, costellate di lucenti casseruole, e munite di marmitte enormi, disposte sui fornelli in lunghe fila, dalle quali si sprigionavano fumi appetitosi... Tra quei fornelli, i frati-cuochi s’aggiravano solennemente, attizzando le braci, simili a papi guerrieri nell’atto di dar fuoco ai cannoni, sulle fumanti mura d’una città assediata!...
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