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Finalmente, a metà della quarantesima notte, le campanelle del refettorio si misero a squillare tutt’a un tratto, all’impazzata!...
Fu un grande allarme.
Gozzoviglia si contorceva nella sua poltrona, singhiozzando e invocando aiuto...
— Muoio di freddo! — gridava. — Sto per render l’anima a Dio!... Oh, fratelli miei! portatemi subito nella cappella, perchè io possa pregare per la mia salvezza!
I frati obbedirono ansimando... Fu una notte tragica... Dopo molti trabalzi fra le braccia delle suore e degli abati, Gozzoviglia venne alfine deposto appiè dell’altare maggiore... Sotto le lampade bivalve, nelle quali l’olio e la luce andavano scemando, il priore singhiozzava:
— Io sto dunque... per restituire al Signore il mio buon pranzo!... Ahimè! Ahimè!...
In crocchio intorno a lui, i pretoccoli panciuti tenevan le braccia in croce, o si stropicciavano a quando a quando le mani imburrate del miele delle litanie, o le nascondevano nelle profondità delle ampie maniche. Dalle loro bocche candite colavano preci e lamenti:
— Gran Dio! salvate il suo stomaco da un simile disastro!... Concedete, gran Dio, ch’egli conservi in sè le saporose pernici dalle coscette gentili e le grasse oche ripiene di tartufi!
Frattanto, lontane marmitte dimenticate in fondo alle cucine, borbottavano oleosi paternostri...
Ad un tratto, un alto grido d’angoscia!... Il priore sussulta, e poi urla:
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