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Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/13

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a maria de’ medici 11

altrettanto celebrar lui, quanto egli giova a me; perciò che sì come i suoi gesti egregi, quasi stelle del Ciel della gloria, influiscono al mio ingegno suggetti degni d’eterna loda, così i favori ch’io ne ricevo, quasi rivoli del fonte della magnificenza, innaffiano l’aridità della mia fortuna con tanta larghezza, che fanno arrossire la mia viltà, onde rimango confuso di non aver fin qui fatta opera alcuna per la quale appaia il merito di sì fatta mercede. Potevano per aventura da questa oblazione distòrmi due circostanze, cioè la bassezza della offerta dal canto mio, e l’eminenza del personaggio dal canto suo. Ma era legge de’ Persiani (come Heliano racconta) che ciascuno tributasse il Re loro di qualche donativo conforme alla propria facoltà, qualunque si fusse. E Licurgo voleva, che si offerissero agl’Iddii cose ancor che minime, per non cessar già mai d’onorargli. Queste ragioni scusano in parte il mancamento del donatore; ma per appagare la grandezza di colui, a cui si dona, dirò solo che quell’istesso Hercole di cui parliamo, per dar alle sue lunghe fatiche qualche sollazzevole intervallo, deposta talvolta la clava, soleva pure scherzando favoleggiare con gli amori. Achille, mentre che nella sua prima età viveva tra le selve del monte Pelia sotto la disciplina di Chirone, soleva (secondo che scrive Omero) dilettarsi del suono della cetera, né sdegnava di toccar talvolta l’umil plettro, e di tasteggiar le tenere corde con quella mano istessa, che doveva poi con somma prodezza vibrar la lancia, trattar la spada, domare destrieri indomiti, e vincere guerrieri invincibili. Per la qual cosa io non dubito punto, che fra l’altre eroiche virtù, ch’adornano gli anni giovanili di S.M., in tanta sublimità di stato, in tanta vivacità di spirito, e in tanta severità d’educazione, non debba anche aver luogo l’onesto e piacevole trastullo della Poesia. E se il medesimo Eroe pargoletto (come narra Filostrato) quando ritornava dall’essercizio della caccia stanco per la uccisione delle fiere, non prendeva a schifo d’accettare dal suo maestro le poma e i favi in premio della fatica, con quello istesso animo grande con cui poi aveva da ricevere le palme e le spoglie delle sue vittorie; perché non debbo io sperare che S.M., non dico dopo le cacce,