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162 l’innamoramento


39.— Odi — dic’ella — odi sagace scusa,
sì certo sì. Dunque paventi e tremi
nel sen di Palla a risguardar Medusa,
e pur di Giove il folgore non temi?
Ma dimmi, or perché ’l cor d’alcuna Musa
non mai del loco tuo riceve i semi?
Queste sguardo non han rigido e crudo,
né del Gorgone il mostruoso scudo! —

40.— Vero dirotti — egli ripiglia — : io queste
non temo no, ma reverente onoro.
Accompagnata da sembianze oneste
virginal pudicizia io scorgo in loro.
Poi sempre intente al bel cantar celeste,
o in studio altro occupato è il sacro coro;
tal che non mai, se non ne’ molli versi,
da conversar tra lor varco m’apersi. —

41.Ed ella allor: — Poi che ritiene a freno
tanto furor qui zelo, ivi paura,
vorrei saver, perché Diana almeno
da le quadrella tue vive secura? —
— Né di costei — risponde — il casto seno
vaglio a ferir, rivolta ad altra cura.
Fugge per monti, né posar concede,
sì ch’ozio mai la signoreggi, al piede.

42.Ben ho quel chiaro Dio, che di Latona
seco nacque in un parto, Arciero anch’esso,
dico quel che di foco il crin corona,
piagato e d’altra fiamma acceso spesso. —
Così mentre con lei scherza e ragiona,
il tratto studia e le si stringe appresso;
e tuttavia dïalogando seco
coglie il tempo a colpir l’occhiuto Cieco.