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Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/177

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canto terzo 175


91.Ma se stender vuoi pur le brune piume
sovra il novello autor de’ miei tormenti,
deh porgi a l’ombre tue tanto di lume
che l’imagine mia gli rappresenti,
la qual sì come dolce io mi consume
gli mostri in atti supplici e dolenti,
onde nel pigro cor, mentre giac’egli
sonnacchioso dormendo, Amor si svegli. —

92.A pena ha queste note ultime espresse
che l’amico Morfeo, che l’è vicino,
fabrica d’aria, e di vapori intesse
simulacro leggiadro e peregrino.
Di tai forme si veste, e scopre in esse
di celeste beltà lume divino.
Donna, ch’è tutta luce, e foco spira,
nel teatro del sonno Adone ammira.

93.Corona tal, ch’altrui la vista offende,
cerchia la fronte lucida e serena,
e di gemme stellata avampa e splende,
e di stelle gemmata arde e balena.
E dal titolo suo ben si comprende
che non è chi la tien cosa terrena.
Havvi scritto dintorno in lettre aurate:
“Madre d’Amore, e Dea de la beltate”.

94.Mentre d’alto stupore Adon vien manco,
già pargli già la bella Larva udire,
che stendendo una man d’avorio bianco
— Adon, dammi il tuo cor — gli prende a dire.
E fu quasi un sol punto aprirgli il fianco,
dispiccarglielo a forza, e disparire.
Sognando il bel Garzon si dole e geme
sì che la vera Dea ne langue insieme.