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Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/210

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208 la novelletta


31.Poscia che quindi le Lombarde arene
ha tutte scorse, e quanto irriga l’Arno,
e quinci di Clitunno e d’Anïene
e d’altri frati lor le rive indarno;
a visitar dal Gariglian ne viene
Grati, Liri, Volturno, Aufido e Sarno,
e vede irne tra lor pomposo e lieto
degli onori di Bacco il bel Sebeto.

32.Quivi tra Ninfe amorosette e belle
trovommi a conquistar spoglie e trofei.
E se ben tempo fu ch’io fui di quelle
già prigionier con mille strazii rei,
alme però non ha sotto le stelle
che sien più degni oggetti a’ colpi miei;
né so trovar altrove in terra loco
dove più nobil esche abbia il mio foco.

33.Allor mi stringe entro le braccia, e mille
groppi mi porge d’infocati baci,
poi per l’oro immortal, per le faville
de le quadrella mie, de le mie faci
quanto può mi scongiura, e vive stille
mesce di pianto a suppliche efficaci,
che senza vendicarla io non sopporti
più lungamente i suoi dispregi, e i torti.

34.De la bella Rubella in voce amara
l’orgoglio e ’l fasto a raccontar mi prende,
e come seco in baldanzosa gara
contumace beltà pugna e contende.
Distinto alfine il suo desir dichiara,
e quanto brama ad esseguir m’accende:
vuol che di stral villano il cor le punga,
e ch’a sposo infelice io la congiunga.