Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/402

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95.Sparse vive faville in ogni vena
gli avea giá quella insolita beltade,
quando un raggio di Sol toccolla a pena,
che la disfece in tenere rugiade.
Oh diletto mortai, gioia terrena,
come pullula tosto, e tosto cade!
Vano piacer, che gli animi trastulla,
nato di vanitá, svanisce in nulla.

96.In questo mentre a piú secreto soglie
giá s’apre Adon con la sua bella il varco.
Giá di candido avorio uscio l’accoglie,
c’ha di schietto rubin cornice ed arco.
Tien di frutti diversi e fronde e foglie
il ministro che ’l guarda un cesto carco.
Fan de’ sapori, ond’egli ha il grembo onusto,
una Scinda ed un Orso arbitro il gusto.

97.Questi guidando Adon di loggia in loggia,
in una selva sua fa che riesca.
Fiangon quivi le fronde, e stillan pioggia
di celeste licor soave e fresca:
onde l’augel, che tra’ bei rami alloggia,
in un tronco medesmo ha nido ed ésca;
t-d a la cara sua prole felice
quella pianta ch’è culla, anco è nutrice.

98.Con certa legge e sempr’egual misura
qui tempra i giorni il gran Rettor del lume.
Non v’alterna giá mai tenor Natura,
né con sue veci il Sol varia costume.
Ma fa con soavissima mistura
gli ardori algenti, e tepide le brume.
Sparsa il bel volto di sereno eterno
ride la State, e si marita al Verno.