Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/451

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27.Siede a l’uscio il Piacer di quell’albergo
con la Lascivia a trastullarsi inteso:
garzon di varia piuma alato il tergo,
ridente il volto e di faville acceso.
L’aurato scudo, il colorato usbergo
giacegli inutilmente a piè disteso.
Torpe tra’ fior pacifico guerriero
l’elmo, ch’una Sirena ha per cimiero.

28.Curvo arpicordo da’ vicini rami
pende, e spesso da l’aura ha moto e spirto.
D’ambra tersa e sottile in biondi stami
forcheggia il crine intortigliato ed irto,
tutto impacciato di lacciuoli e d’ami,
di fresca rosa e di fiorito mirto.
Arco di bella e varia luce adorno
gli fa diadema in testa, Iride intorno.

29.Né di men bella o men serena faccia
mostrasi in grembo a lui la Lusinghiera.
Di viti e d’edre i capei d’oro allaccia,
di canuti Armellin guarda una schiera.
Un Capro a lato, e con la destra abbraccia
il collo d’una Libica Pantera.
Regge con l’altra ad un troncon vicino
ammiraglio lucente e cristallino.

30.Quivi al venir d’Adone e Citherea
componendo del crin le ciocche erranti,
i dolcissimi folgori tergea
de le luci umidette e scintillanti.
Spesso a un nido di Passere volgea,
che su l’arbor garrian, gli occhi incostanti;
e la succinta, anzi discinta gonna
scorciava piú che non conviensi a donna.

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