Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/453

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35.Tese costei sue reti al vago Adone:
ogni atto er’amo, ogni parola strale.
Rompea talor nel mezo il suo sermone
languidamente, e con dolcezza tale,
che ’l diamante spezzar de la ragione
potea, non che del senso il vetro frale.
Parlava, e ’l suo parlar tronco e diviso
fregiava or d’un sospiro, or d’un sorriso.

36.— Se quanto di beltá nel volto mostri
tanto di cortesia chiudi nel petto,
ché tal certo — diss’ella — agli occhi nostri
argomento di te porge l’aspetto;
venirti a sollazzar ne’ chiusi chiostri
non sdegnerai di quel beato tetto.
Nel tetto lá, ch’io ti disegno a dito,
come degno ne sei sarai servito.

37.Questi è quei (se noi sai) ch’altrui concede
quel ben che può far gli uomini felici.
Ognuno il cerca, ognuno il brama e chiede,
usan tutti per lui vari artifici.
Chi ritrovar ne le ricchezze il crede,
chi ne le dignitá, chi negli amici.
Ma raro il piè da quest’albergo ei move,
né (fuor che nel mio grembo) abita altrove.

38.Del sozzo vaso, ov’ogni mal s’accoglie,
a pena uscí che fu chiamato in Cielo;
ma gli convenne pria depor le spoglie,
tal ch’ignudo v’andò senz’alcun velo.
Scende dal Ciel sovente in queste soglie,
dov’io gelosa agli occhi indegni il celo.
11 celo altrui con ogni industria ed arte,
solo a qualche mio caro io ne fo parte.