Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/461

Da Wikisource.


67.Tosto ch’a dolce guerra Amor protervo
mi venne oggi a sfidar con tanti vezzi,
tesi anch’io l’arco, ed or giá temo il nervo
per soverchio rigor non mi si spezzi.
Non posso piú, de l’umil vostro servo
il troppo ardir non si schernisca o sprezzi,
che vorria pur (come veder potete)
de la gloria toccar l’ultime mete. —

68.Cosí parlando, e de la lieve spoglia
la falda alquanto in languid’atto aperta,
Timpazienza de l’accesa voglia
senz’alcun vel le dimostrò scoverta.
— Soffri — diss’ella allor — fin che n’accoglia
apparecchio miglior: la speme è certa.
Da la Commoditá, mia fida ancella,
data in breve ne fia stanza piú bella.

69.Ritardato piacer (portalo in pace)
ne le dilazi’on cresce non poco.
Bastiti di saver, che mi disface
di reciproco amor scambievol foco.
Teco in su l’ora de la prima face
m’avrai (ti giuro) in piú secreto loco.
Fa’ pur buon cor, tien la mia fede in pegno,
tosto averrá che ’n porto entri il tuo legno. —

70.Come a fiero talor Veltro d’Irlanda
buon Cacciator, che ’nfuriato il veda,
ben che venga a passar da la sua banda
vicina assai la desiata preda,
la libertá però, che gli dimanda,
non cosí tosto avien che gli conceda,
anzi fermo e tenace ad ogni crollo
tira il cordon, che gl’imprigiona il collo: