Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/463

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75.V’era il Fallo e ’l Satino, in cui figura
oscene forme il fiore e la radice.
La Menta, che salace è per natura,
l’Eruca degli amori irritatrice.
E v’era d’altri semplici mistura,
giá di Lampsaco còlti a la pendice.
Amor, ma dimmi tu nel bel lavacro
qual fu nudo a veder quel corpo sacro.

76.Non cosí belle con le chiome sparse
quando a la prima ingiuria il mar soggiacque
ai Duci d’Argo vennero a mostrarse
le vezzose Nereidi in mezo a Tacque.
Tal mai non so, se la sua stella apparse
qualor da l’Ocean piú chiara nacque.
Pare il bel volto il Sol nascente, e pare
il seno l’Alba, e quella conca il mare.

77.Simulacro di Ninfa, inciso e fatto
di qual manno piú terso in pregio saglia,
posto in ricca fontana, o bel ritratto
d’avorio fin, cui nobil fabro intaglia,
somiglia a punto a la bianchezza, a Tatto,
se non che ’l moto sol la disagguaglia;
e la fan differir dal sasso scolto
Toro del crin, la porpora del volto.

78.Al folgorar de le tremanti stelle
arser gli umori algenti e cristallini,
ed avampár d’insolite fiammelle
Tumide pietre, e i margini vicini.
Vedeansi accese entro le guance belle
dolci fiamme di rose e di rubini,
e nel bel sen per entro un mar di latte
tremolando nuotar due poma intatte.