Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/532

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183.Né tu con voce men gradita e cara
favoleggiando il canto tuo sciogliesti,
dico a te, che di gloria oggi sí chiara
il tuo Fido Pastori-; adorni e vesti.
Seguir voleano, e de la nobil gara
dubbia ancor la vittoria era tra questi,
quand’ecco fuor d’un cavernoso tufo
sbucar difforme e rabbuffato un Gufo.

184.— Oh quanto oh quanto meglio, infame augello,
ritorneresti a l’infelici grotte,
nunzio d’infausti auguri, al Sol rubello,
e de l’ombre compagno, e de la notte.
Non disturbar l’angelico drappello,
vanne tra cave piante e mura rotte
a celar quella tua fronte cornuta,
quegli occhi biechi, e quella barba irsuta.

185.Da qual profonda e tenebrosa buca,
Nottula temeraria, al giorno uscisti?
Torna lá dove Sol mai non riluca
tra foschi orrori, e lagrimosi e tristi.
Tu trionfi cantar d’invitto Duca?
Tu di Mondi novelli eccelsi acquisti?
Tu de l’Invidia rea figlio maligno
di Pipistrel vuoi trasformarti in Cigno? —

186.Cosí parla a l’augel malvagio e brutto
la Dea, sdegnando un stil sí rauco udire,
e i chiari onor del domator del flutto,
dov’ella ebbe il natal, tanto aviiire.
Spiace de’ Cigni al concistoro tutto
la villana sciocchezza e ’l folle ardire,
che l’alte lodi ad abbassar si metta
del Colombo a lei sacro una Civetta.