Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/536

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199.Se ben la Dea d’Amor cosí dicea,
non n’era la cagion solo il diletto,
ma perché desviarlo indi volea,
non senza aver di Marte alto sospetto,
sapendo ben, che la sua stella rea
il riguardava con maligno aspetto:
e temea non le fusse a l’improviso
dentro le braccia un dí colto ed ucciso.

200.Sorgea la notte intanto, e l’ombre nere
portava intorno, e i pigri sogni in seno.
De bimmortali sue lucenti Fere
tutto il campo celeste era giá pieno;
e di quelle stellanti e vaghe schiere
per le piagge del ciel puro e sereno
la cacciatrice Dea, che fugge il giorno.
Torme seguia con argentato corno.