Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/581

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163.Xon mica a tutti è di toccar concesso
ile la gloria immortai la cima alpina.
Chi volar vuol senz’ali, accoppia spesso
a l’audace salita alta ruina.
Ma quantunque avenir soglia l’istesso
quasi in ogni bell’arte e disciplina,
non si vede però maggior tracollo,
che di chi segue indegnamente Apollo.

164.Dietro ai chiari Scrittor di Smirna e Manto,
per cui sempre vivranno i Duci e l’armi,
tentando invan di pareggiargli al canto,
piú d’uno arroterá lo stile e i carmi.
Oh quanti poi, con quanto studio e quanto
de l’Italico stuol di veder parmi
tracciar con poca loda i duo migliori,
che ’n su ’l Po canteran guerre ed amori!

163.Che di Poemi in quella lingua cresca
numerosa ferragine, e di Rime,
la facil troppo invenzion tedesca
n’è cagion, che per prezzo il tutto imprime.
Ma s’alcuna sará, che mal riesca,
l’Opra che tu dicesti è tra le prime.
Cosí figliano i monti, e ’l topo nasce,
ma poi nato ch’egli è, si more in fasce.

166.Poi che sí fatti parti un breve lume
visto a pena han laggiú nel vostro mondo,
il Yecchiarel da le veloci piume,
quel che vedesti giá ne l’altro tondo,
qui ridurle in un monte ha per costume
per sepelirle in tenebroso fondo.
Alfin le porta ad attuffar nel rio
che copre il tutto di perpetuo oblio.