Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/619

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11.Né di tutto l’essercito stellante,
i cui splendor col suo bel volto imbruna,
fiamma sí luminosa arde tra quante
ferme n’ha il Cielo, o peregrine, alcuna.
Quinci quando talor spunta in Levante,
piazza intorno si fa, come la Luna;
e talvolta adivien che splender suole
in faccia al giorno, al paragon del Sole.

12.Qualor gli sguardi aventurosi gira,
e spiega in su ’l balcon le chiome bionde,
tai di grazia e d’amor faville spira,
tanti di cortesia raggi diffonde,
che può gli occhi invaghir di chi la mira,
e la notte fugar, che si nasconde,
dando stupor dal suo lucente albergo
al mio gran Zio, che la sostien su ’l tergo

13.Luce del mondo ed ultima e primiera,
ella il giorno dischiude, ed ella il serra.
Sorge la prima a rischiarar la sera
tosto che ’l carro d’or gira sotterra.
Poi quando tutta la fugace schiera
de le stelle minor nel mar si serra,
riman ne l’aria d’ogni luce priva
sola in vece del Sol fin ch’egli arriva.

14.Sempre accompagna il Sol, né mai da lui
per brevissimo spazio si disgiunge,
com’ancor fa la mia, sí ch’ambodui
non sappiam l’un da l’altro andarne lunge.
Siam suoi seguaci, e seco ognun di nui
quasi in un tempo al fin del corso giunge,
terminando di par con la sua scorta
del gran calle vital la linea torta.