Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/654

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151.Xé, se ben sola e sconsolata resta
dopo l’orrendo e scelerato scempio,
vedova lagrimosa in bruna vesta,
cede il fren del discorso al dolor empio;
anzi qual buon nocchiero in ria tempesta,
di bontá Sole, e di giustizia essempio,
mar di prudenza, e di fortezza scoglio,
degli scogli e del mar rompe l’orgoglio.

152.E del vero sembiante essendo priva
(ben che l’abbia nel cor) del gran marito,
procura pur, se non l’effigie viva,
d’averne almeno un Idolo mentito.
Quindi venir da la Toscana riva
per man d’altro Lisippo a sé scolpito
fa di pesante e concavo metallo
il Colosso reai su ’l gran cavallo.

153.Fonder di bronzo omai piú non bisogna
canne tonanti o fulmini guerrieri,
anzi convien che stempri il gran Bologna
quanti tormenti ha Marte orridi e fieri.
Tempo è ch’abbiano a far scorno e vergogna
le statue illustri e i simulacri alteri
ai crudi ordigni, agli organi da guerra,
poi che mercé d’E nrico, è pace in terra.

134.Ed io quando per lui bombarde ed armi
in aratri e ’n trofei vedrò cangiate,
poi che tien tutti i bronzi e tutti i marmi
rosi dai dente de l’ingorda etate,
per eternar con gloriosi carmi
del magnanimo Re l’opre onorate,
non giá d’altra materia o d’altre tempre
le trombe mie vo’ fabricar per sempre.