Pagina:Marino, Giambattista – Adone, Vol. I, 1975 – BEIC 1869702.djvu/657

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163.Altri accidenti ancor volger si denno
pria che cresciuto il pargoletto Giglio,
ella deponga (e deporrallo a un cenno)
10 scettro Franco, e ceda il trono al figlio;
e la costanza accompagnando al senno,
dimostri animo invitto, e lieto ciglio:
costanza tal, che si può far ritratto
d’ogni altra sua virtú sol da quest’atto.

164.Or di qual piú bel lauro ornar le chiome?
di qual fregio miglior vergar le carte
speran gl’illustri spirti? o quale al nome
trar maggior luce altronde, o gloria a l’arte?
Ma che? forano lor troppo gran some
a segnarne pur l’ombra, a dirne parte,
ancor che da le Dee del verde monte
tutto in lei si versasse il sacro fonte.

165.Sembra penna mortai, ch’osi talora
ritrar de’ suoi splendor gli abissi immensi,
pennel che bella imagine colora,
ma non le dá però spirti né sensi.
Onde se non l’essalta e non l’onora
11 mio roco parlar quanto conviensi,
scusimi il Sol de’ begli occhi sereno,
che quanto splende piú, si vede meno.

166.Sveller però per celebrarla io voglio
da le mie piume i piú spediti vanni,
con cui piú d’uno stile in piú d’un foglio
fará scrivendo a Morte illustri inganni;
e con quell’armi, ond’io trionfar soglio,
torrá l’ira a l’oblio, la forza agli anni;
frá’ quali un ne verrá, ch’Austro e Boote
risonar ne fará con chiare note.